mostra collettiva
Serafina Figliuzzi
Laura Milazzo
Nikola Novàkovà
Anna Zemella
9 – 20 giugno 2020
orari da martedì a sabato 10.00 – 14.00 e 15.00 – 17.00
4 artiste donne. 4 identità ciascuna con una forza espressiva caratterizzante un percorso interiore maturo dove la “passione” per l’elemento materiale pittura o fotografia diventa mezzo per dire chi sono.
Raccontarle non è facile, guardare i lavori in mostra sarà un viaggio gratificante che ci trasporterà, perdendoci tra i colori e assaporando quella passione che trasmettono.
SERASFINA FIGLIUZZI
“La Scatola Dei Giochi “ si origina dall’immagine dell’artista bambina che rivede se stessa dentro un vecchio armadio. Nell’attuale progetto quell’armadio, diventa una scatola che cambia colore in un intreccio che coinvolge la materia, la dimensione onirica e il gioco. Dentro quella scatola l’artista, attraverso la dimensione psicologica dell’ io e del se, propone la figura dell’adulta e della bambina.
Così è con il gioco delle carte, Alice nel paese delle meraviglie e alla perdita del disincanto dell’età adulta.
Così è con il gioco dello specchio che assume un ruolo fondamentale, fin dalla prima infanzia.
Così accade nella scatola verde in cui la fiaba con il lupo diventa realtà poiché ciascuno di noi con quel lupo si è incontrato e talvolta scontrato. La fiaba affronta i problemi legati alla maturazione sessuale (il cappuccio rosso) che possono indurre la ragazza, in età puberale, ad esporsi pericolosamente alla possibilità di essere sedotta. Così Eva si lascia tentare, evolve da uno stato di inconsapevolezza di se, si espone al rischio e quel rischio affronta. E’ la vittoria della donna. E’ questo un lavoro nostalgico e
psicologico, un lavoro dell’anima, della mente e del corpo, un lavoro totalitario che inizia con la costruzione della scatola entro cui si svolge l’indagine, l’osservazione, la pacificazione, una scatola che cambia colore e intensità, di volta in volta ricostruita dall’artista personalmente attraverso un fare e rifare karmico, metodico e liberatorio.
LAURA MILAZZO
I dipinti nascono da un’esigenza espressiva, momenti creativi che si fissano sulla tela attraverso il gesto con il colore, la materia si fa racconto dove l’artista sente spesso la necessità di stratificarla per poter esserci per esprimere tutto ciò che ha da dire; allora si crea il dialogo tra l’artista e la tela. Il colore attraverso il gesto trasporta il pensiero fa raccontare la propria anima. Ciò che scaturisce dalle sovrapposizioni delle spatolate di colore è un mondo interiore senza veli. Ogni opera è pensata, vissuta, il tempo che asciuga il colore diventa la meditazione contemplativa di ciò che è avvenuto.
Le opere, quasi monocromatiche, non lasciano pause allo sguardo, esaltano colori decisi che esprimono un sentimento dell’animo, quell’animo che l’artista vuole condividere con lo spettatore.
NIKOLA NOVA’KOVA’
“Un istante può diventare eternità e vice versa l’ eternità può diventare un istante” Marc Chagall.
Per Nikola Nováková l’opera è la prova del fatto che ancor oggi un quadro dipinto può rappresentare un modo di esprimersi complesso e sentito . In questo caso il dipinto non rappresenta solamente un‘idea concretizzata, bensì un concetto stratificato, ovvero uno spazio da cui emerge naturalmente una polifonia di simboli. Nelle opere possiamo scorgere i caratteri tipici per la poetica dell‘artista: un gioco ritmico di colori sgargianti illuminanti la superficie del quadro e una fragile ed inconfondibile monumentalità che allude al rapporto tra un fenomeno fugace e l’eternità, di cui questo è parte intrinseca. Natura, cultura umana ed esperienze interiori dell‘artista si fondono in un linguaggio astratto di delicate forme e movimenti, provocando in noi un sentimento di meraviglia dovuto alla moltitudine di percezioni che le sue opere evocano nel nostro mondo interiore. La visione coloristica di Nikola Nováková sfiora leggermente la superficie dell´acqua e nel contempo l‘essenza stessa della nostra esistenza. Richard Drury
ANNA ZEMELLA
Lassù, sospeso tra la terra e il cielo, c’è un giardino di nuvole plasmato dalla luce e dal vento. La scoperta di un orizzonte senza esseri umani, dove la natura si svela e si nasconde mutando forma e colore in ogni momento, avviene nella terrazza di una casa dell’Isola d’Elba, sulla cima di una collina. È da questo angolo di mondo che la fotografa Anna Zemella osserva un paesaggio che immortala negli scatti selezionati per la mostra e che appare come un vero giardino sospeso. L’incontro con la luce la incanta, tanto che racconta di essersi sentita inizialmente spettatrice di un teatro silenzioso, ma dirompente. Osserva per ore la mutevolezza di quei vapori viaggianti, spinti da venti improvvisi o cullati da brezze leggere, e ne rimane incantata. Poi, lentamente, realizza di essere lei stessa nel giardino sospeso e si abbandona, entrando nel paesaggio luminoso. Lo scatto diventa testimonianza di un esserci e di una consapevolezza dell’eterno panta rei. La luce, regista di quelle apparizioni che a volte assomigliano a un dramma e altre a una vera e propria estasi, si dimostra sorgente irrefrenabile di vita. Il giardino sospeso, immagine evocata dai giardini di Gilles Clement, diventa quello spazio in cui luce, vapore, acqua, aria e vento partecipano a un’unica, perenne, vicenda. La voce della natura qui si trasforma in sibili e tuoni, il linguaggio in un alfabeto silenzioso che non racconta soltanto una storia, ma un susseguirsi di accadimenti che parlano direttamente al cuore
di chi osserva. Le immagini diventano tracce di un mondo parallelo scandito dalla luce che ha sempre attratto la fotografa. Zemella si sposta però questa volta dall’acqua all’aria, rivelando una danza di luce che ondeggia tra sensualità delle forme e misticismo dei colori. Vera Mantengoli