Mats Nordstrom

A cura di Robert Phillips e Matilde Nuzzo

6 settembre – 4 ottobre luglio 2025
da martedì a sabato, 10:00-13:00 e 14:00-18:00
inaugurazione: sabato 6 settembre ore 17:00

Tutti noi abbiamo un posto nella storia. Il mio è quello delle nuvole.
Richard Brautigan

Si cerca di raccontare l’operato di un artista ma poi si finisce sempre a parlare del sé, cercando di portare l’opera d’arte al proprio livello per raccontare qualcosa del proprio, e personale, percorso di vita o di conoscenza. È cosa inevitabile, ma spesso, è precisamente lo scopo di una qualunque opera d’arte, o meglio del lavoro di ogni artista, quello di mostrare incavi e sostrati che al pubblico sono nascosti, celati in piena evidenza, ma che la libertà del fare, le mani-libere di un artista, pongono alla fine in estrema evidenza. Alcune cose, allora, non appaiono più come delle fantasie ma diventano premonizioni di un futuro a venire, visioni di una cultura prossima ma lontana, racchiusa intimamente nelle nostre fantasie ma non ancora raccolta dalla propria coscienza, dal tempo presente.

Osservando le opere di Mats Nordstrom, anche superficialmente, ci si pone in questo stato di corpo presente la sua è una visione che sorpassa, o meglio aggira, la normale visione di un immagine pittorica o formale che sia, essendo essa stessa contenuta e rappresentata, nelle sue linee essenziali, da un oggetto di forma propria che ne fornisce i Tags, una moltitudine di essi, racchiusi e contenuti tra gli spazi vuoti del tessuto dell’opera, su cui i rimandi culturali dell’immagine contenuta divengono messaggi essenziali, su cui la nostra mente non ha il tempo di soffermarsi singolarmente, ma la cui vista d’insieme ricostruisce una realtà facilmente condivisibile partendo dalle sue singole unità.

Scriveva Levi Strauss in un suo saggio: … l’arte di alcuni pittori contemporanei non figurativi dove i segni che producono non hanno un significato intrinseco, precedente al loro impiego da parte dell’artista meriterebbero di essere chiamati “calligrafi”. Segni, calligrafie appunto, che hanno già un esistenza sociale acquisterebbero allora un esistenza individuale passando attraverso la mano del calligrafo. E ancora: l’astrazione lirica occidentale, rispetto a quella orientale, vuole oggettivare l’io: ma il movimento che la anima è centrifugo. L’io è il mezzo attraverso il quale il segno si esprime e, in subordine, si fa carico dell’individualità di chi scrive.

Con queste premesse l’oggetto artistico diviene cosi la rappresentazione di una capacità di fissare e portare a rappresentazione una relazione complessa tra lo spazio e il tempo che si osserva sopratutto vedendo le “opere scultoree” di Mats esse sono objet trouve opere di un tempo passato, esse stesse sostegno, sostrato evocativo, di usi lontani. Rappresentazioni, Tags, appunto. La ricerca di forme alternative, ad un formalismo plastico, si allontana allora vertiginosamente dall’uso di tecniche consuete, pietra, creta o artifici pittorici, ormai desueti, su cui ospitare l’immagine ma è l’oggetto stesso che la contiene essendone contenuta, qualcosa di simile ad una visione che emana un profumo: quale dei due sensi raggiunge lo scopo per primo? Entrambi sono percepiti ma è come se uno fosse un profumo e l’altro un profilo, l’immaginario odoroso colpisce dei sensi profondamente radicati nel nostro subconscio per poi essere spiegato, chiarito, dal più razionale senso della vista.

Le sue creazioni più materiche e composite, pur nella loro evidente ed esaustiva completezza, sembrano sempre mantenere un legame sottile tra loro, e con la loro matrice, una sorta di dipendenza, un rapporto quasi di consanguineità che, se isolate, le rende costantemente orfane del contesto in cui sono state concepite cercando di cristallizzare in un’immagine il rapporto tra l’umano e il mondo, ma nello stesso tempo essa è anche la capacità di istituire un luogo, in cui lo spazio e il tempo possano rimanere aperti a nuove forme e a nuove possibili interpretazioni. Ogni pezzo è un incastro, parte integrante di un unico ciclo, che ciclicamente ritorna e si rinnova, e attinge al passato per ricreare nuova vita, seguendo un tracciato imperscrutabile ma estremamente coerente di materiali assortiti, di nuovi tagli e nuove suture, per arrivare ad esprimere un tutto completo.

Visto in prospettiva il lavoro di Nordstrom diviene una sorta di ricordo, il ricordo come trama, o meglio tessuto, di una realtà lontana che non possiede coordinate banali come potrebbe essere un colore o un testo scritto. Diventa, invece, un qualche tipo di “artefatto cognitivo” che non è vincolato ad un contesto ma è interamente sottoposto al giudizio della visione di uno spettatore ideale e cosciente delle implicazioni sottese nelle sue “calligrafie”. Sono oggetti lontani dalla razionalità di un tessuto, composto, per sua stessa definizione, da una trama e un ordito, sono composte da un singolo filo che racchiude e trattiene la sua anima assente. Filo che cerca il successivo annodato e ribadito all’infinito fino a contenersi nella sua stessa lunghezza sembra tessuto come le proverbiali “trame di un canto” il singolo nodo, il singolo Tags nel caso specifico, non avrebbe significato senza il successivo e, come in un canto, vi è sempre impresso l’incantevole vuoto di un immagine che evoca un tempo sospeso.

Ogni opera esposta, estroflesso dal suo Tags primordiale, e pur con tutta la forza che emana, va intesa come un tramite, un nuovo passaggio, un punto d’osservazione privilegiato, per attingere ad un universo inesausto e complesso, nella vana illusione di poterlo comprendere tutto. Come portare su un alta collina, un frammento di costa marina, da cui esplorare e rivedere la strada percorsa. L’immagine rappresentativa della sua opera attuale risulta affascinante, ma quasi senza comprenderne il perché.

Ma è un piacere di provarci, una volta di più.

Freehands  (Mani Libere)

In quelli qui presentati, come in altri suoi lavori pittorici e di scultura, si intra- vede il desiderio di ripercorrere strade contenute in tutto il suo trascorso artistico, cercando continuamente nuove vie che riconducano alle origini della pittura astratta contemporanea. Mani libere e libero pensiero tesi a “ricamare” sempre nuovi universi spaziali e universi percettivi. Una forza di libertà che si propaga da questi oggetti eventuali, mai del tutto contenuti in loro stessi, ma sempre traboccanti, pregni, di qualcosa diverso dall’origine. Quel filo continuo, nutrito e affilato da continue rifusioni e ispessimenti dati dai punto-e-a-capo del suo apprendere, e del suo racconto artistico, che anche in queste opere non riesce ad allontanarsi dall’uso di simboli netti e concisi, evidentemente e profondamente necessari al suo modo di esprimersi.

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