Emiliano Bazzanella

27 giugno – 26 luglio 2025
da martedì a sabato, 10:00-13:00 e 14:00-18:00
inaugurazione: venerdì 27 giugno ore 18:00

SIGNATURE OVERWRITING. Firma, falso e copyleft nell’età dell’immagine

Siamo inflazionati dalle immagini. Tutto è immagine e tutto si copia e ricopia all’infinito. La firma un tempo era l’espressione più genuina dell’identità personale; ora è alienante, pura marca spazio-temporale senza un sé cui riferirsi. SIGNATURE OVERWRITING di Emiliano Bazzanella descrive l’universo scivoloso delle post-verità e delle post-falsità, in cui tutto è fluido, un’immagine rimanda a un’altra immagine e la firma è del tutto sganciata dal suo valore di autenticità per divenire strumento estetico e traccia priva di senso. Copyright e copyleft si equivalgono in un mondo in cui la finzione è divenuta Reale.

Nell’epoca del digitale e dell’intelligenza artificiale, il valore della scrittura sembra cedere nei confronti dell’immagine. E nell’epoca della saturazione delle immagini, prevalgono il falso e il verosimile. Ha ancora un senso quindi la firma di un soggetto, soprattutto se questi è un artista? Quel segno idiopatico che per sua natura è impreciso e irripetibile può dare ancora qualche garanzia di autenticità e di verità? E la firma in sé non può forse assumere connotati completamente diversi, cioè tradursi in un atto violento di appropriazione oppure in un semplice grafo decorativo senza senso?

In SIGNATURE OVERWRITING Emiliano Bazzanella si pone il problema della firma (signature) in quanto marca distintiva del soggetto sullo sfondo di un universo sociale caratterizzato dalla saturazione eccessiva delle immagini: queste si replicano, moltiplicano, diffondono in modo virale per poi sedimentare, stratificarsi, formare delle icone e delle verità visive. Ogni immagine in realtà fa parte di una catena di ulteriori immagini, in un processo senza fine il cui unico significato è il divenire e il fluire, allo stesso modo di una cantilena o di una ninna nanna. Noi siamo impregnati e storditi dalle immagini (TikTok, Instagram, YouTube, etc.) come fossimo dipendenti da sostanze e fossimo alla ricerca di un mondo nuovo e impossibile, oppure di un punto fermo altrettanto chimerico al quale ancorarsi.

La firma diviene in questo caos un momento che gli antichi greci definivano parresia, ossia il “dire la verità”. C’è una traccia, un lasciare un segno che rimane l’unico reperto in un mondo, che nonostante la demografia, appare sempre più de-umanizzato. Eppure anche la firma è destinata allo stesso destino dell’immagine: anch’essa infatti sedimenta, si cristallizza o si ripete all’infinito, in un gioco dello slittamento e dell’alienazione in cui essa manifesta il suo carattere di impostura. La firma è già un falso e anziché testimoniare il vero rappresenta un atto di appropriazione indebita: quando l’artista firma la sua opera per garantirne l’autenticità, di fatto “mente” poiché l’opera stessa è già consegnata a un destino di ripetizione, copia e smembramento. Nella firma il soggetto vuole opporsi al destino ineluttabile di un’immagine che vive in sé, che è un golem visivo che può prescindere dall’uomo e che probabilmente gli sopravviverà. Ciò che dovrebbe rappresentare la cifra del soggetto diviene altro da sé, in un processo di generale alienazione che non riguarda soltanto le immagini quindi.

SIGNATURE OVERWRITING presenta in questa prospettiva alcune opere emblematiche: l’immagine di un frame di video-art, tratta da un rotocalco specializzato, viene modificata più volte, fotografata, stampata su differenti supporti, fotografata nuovamente e ritagliata a puzzle per giungere dopo 8 passaggi ad un affastellamento di immagini e di firme. La copia settecentesca di un quadro del Correggio conservata a Dresda, già restaurata e abbellita nell’Ottocento per fingerne l’originalità, viene ulteriormente copiata a olio e riprodotta n volte fotograficamente, con ulteriori interventi artistici e firme stratificate e sfumate con tecniche varie (tubing, pennarelli, pastelli, matite, etc.).

La firma dell’artista invero non ha senso: esistono quadri falsi con la firma autentica, firme false su quadri originali, autentiche vere senza l’opera cui fanno riferimento. Ecco allora che la firma diviene pura decorazione, elemento estetico che vale nel suo essere-segno: traccia informale di una texture giocata su sfumature e sovrapposizioni, pura fissazione monocroma di un gesto su una tela nera, l’azione della firma che dallo stato virtuale di un video si riverbera continuamente nella realtà concreta trasformandosi in un ingombrante ammasso di carta.

C’è un altro elemento centrale, tuttavia: la firma, sia essa digitale o concretamente materiale, vuole fissare nel tempo e nello spazio l’istante esistenziale in cui è stata apposta, ma è anche l’espressione del narcisismo contemporaneo, della tendenza a ridurre tutto allo spazio soggettivo, così come fanno gli animali predatori con il loro territorio. In una performance emerge allora l’eccesso dell’artista che vuole firmare il vuoto del paesaggio silvestre o urbano, ripetendo ossessivamente il proprio gesto di presa di possesso: ciò che vedo non solo è ciò che è reale, come voleva Berkeley, ma è anche mio, in una spasmodica ricerca della proprietà che anche indice di una debolezza e di una profonda insicurezza. Emiliano Bazzanella delinea in questo modo una sorta di danza del soggetto moderno, che nella continua ricerca di un’identità, cerca di lasciare più tracce possibili nello spazio per rassicurarsi del proprio sé e per allargare i propri confini psichici.

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